Emmett Till – storia di un omicidio.
Il Mississippi porta il nome della più importante via di navigazione del Nord America a cui spesso ci si riferisce come ‘Third Coast‘. Il suo paesaggio consiste in una campagna povera dalla terra scura, in sinistre distese di cotone dominate da un cielo spesso cupo, in una rarefatta concentrazione di popolazione prevalentemente nera e afflitta da uno dei peggiori tassi di povertà del Paese. La storia che racconto ha luogo nel Delta del Mississippi, un’area geografica che si estende nella parte nord occidentale dello Stato, caratterizzata da una storia di ricchi proprietari terrieri bianchi e poveri neri al loro servizio come schiavi, vittime di sopraffazione, insopportabili abusi e violenti linciaggi. Dinamica abolita per legge e caduta apparentemente in disuso, in realtà permea ancora e inesorabilmente il tessuto sociale dello Stato.
Questa è la storia di un crimine avvenuto nel Delta del Mississippi all’alba del più luminoso boom economico della Nazione.
Un crimine che ha fatto la storia.
Emmett Till.
Indice:
- La Grande Migrazione
- I linciaggi
- Solo un fischio
- Smart talk
- Il processo
- “Dar he“
- Parole irripetibili
- “Sorry it took so long…“
- “Let the world see what I’ve seen…“
- In memoria di Emmett Till
- Oggi
La Grande Migrazione
E’ l’estate del 1955.
Emmett Till è un adolescente di 14 anni.
Vive in periferia, nel South Side di Chicago, insieme alla mamma Mamie Till-Mobley.
Emmett si sta preparando a prendere il treno che lo porterà in Mississippi in visita ad alcuni parenti rimasti a vivere nel sud segregazionista.
Ad accompagnarlo in questo lungo viaggio in treno ci sarà il suo cugino e amico Wheeler Parker: entrambi saranno ospiti del prozio Moses Wright e della sua famiglia che include anche il cuginetto, loro coetaneo, Simeon Wright.
Sono molto uniti fra di loro, aspettano tutto l’anno perchè arrivi il momento di ritrovarsi e trascorrere del tempo insieme.
Certo, con il passare degli anni alcune differenze tra i ragazzi stanno iniziando a segnare il loro rapporto.
Forse sono più i cugini a sentirle rispetto ad Emmett.
Il giovane adolescente, a differenza loro, sta crescendo nella periferia di una grande città americana.
Lo stile di vita del Nord industrializzato è molto distante rispetto a quello del Sud rurale e segregazionista.
Chicago è una città in pieno boom economico che ha attirato, e continua ad attirare, migliaia di nullatenenti provenienti dagli Stati più poveri dell’intero paese.
Migliaia di neri afroamericani si sono diretti a Nord per trovare condizioni di vita migliori rispetto a quelle degli stati poveri e segregazionisti del Sud in quella, raccontata dagli storici, come “la grande migrazione”.
E’ vero: l’integrazione razziale è ancora lontana anche nelle grandi città del Nord. Ma qui non ci sono le leggi Jim Crow e soprattutto ci sono molte più possibilità di lavoro.
Lavori umili, si, ma lavori stabili e retribuiti abbastanza bene.
C’è, insomma, un incentivo non dichiarato ma plausibile, nel scendere a compromessi e abbandonare le proprie origini: la prospettiva di una ascesa sociale. Prospettiva, allora come oggi, completamente assente in un qualsiasi stato della Cotton Belt, specialmente nel Mississippi.
I linciaggi
E poi c’è anche un’altra novità che Emmett Till non vede l’ora di raccontare ai suoi compagni estivi: ha una fidanzata! E’ una sua compagna di classe.
Bianca.
Per convincerli che non è una bugia, lo costringono a mostrare loro una foto.
Sono increduli, sbigottiti.
Dalle loro parti per una cosa del genere si viene uccisi.
Dalle loro parti le vite dei neri e dei bianchi sono ben separate; e se non bastasse ci sono le leggi Jim Crow a ricordare ai neri che devono ‘rigare dritto’ e non devono mai uscire dal loro seminato se non vogliono problemi.
‘Never go out of line’.
Ma a volte anche ‘rigare dritto’ non basta.
In quegli anni i lynching mob, i linciaggi, sono oggetto di cronaca ordinaria nei giornali del Sud.
Da poco hanno ucciso un uomo nero perchè una donna bianca, proprietaria della piantagione in cui lo stesso lavorava, lamentò di essere stata seguita dall’uomo mentre tornava a casa. Alla fine sembra che l’uomo stesse semplicemente raggiungendo la sua capanna che era più o meno nella stessa direzione. Fu comunque linciato da un gruppo di bianchi.
I cugini e lo zio mettono subito in guardia Emmett: al Sud le regole sono diverse.
Deve fare attenzione.
Qui i bianchi non sono come al Nord.
Ma Emmett ha 14 anni.
Ed è estate.
Solo un fischio
Le estati nel Mississippi sono torride.
Gli amici, in gruppo, passano i loro pomeriggi in giro per le strade sterrate dividendosi tra il lavoro nei campi e un po’ di svago nel poco tempo che rimane.
Si dirigono a Money al Bryant’s Grocery Meat & Market per gratificarsi dal duro lavoro con qualche bevanda e merendina.
Sono le 19.30 circa del 24 agosto 1955.
I cugini più grandi parcheggiano i loro pick-up fuori, vicino all’ingresso sotto al piccolo porticato dove alcuni clienti stanno giocando a dama.
Emmett e Wheeler Parker entrano per primi.
Wheeler prende il suo snack, paga ed esce.
Emmett è ancora nel negozio.
Simeon Wright pensa non sia il caso di lasciare solo, neanche un momento, il cugino chicagoen in un negozio gestito da bianchi.
Entra, insieme comprano i loro chewing gum, pagano ed escono.
Mentre si dirigono verso le loro automobili, Carolyn Bryant, una giovane donna bianca di 21 anni proprietaria del negozio, esce per dirigersi verso la sua macchina.
E’ in questo momento che succede.
In questo attimo, nessuno dei presenti può ancora sapere, la storia cambierà il suo corso.
Un fischio.
Mentre Emmett Till vede la giovane donna dirigersi verso la sua macchina, le rivolge un fischio.
Un ‘wolf whistle’ (un fischio a mo di lupo) lo definirà il cugino Wheeler dicendo “il classico fischio di apprezzamento che sentiresti fare in una grande città“
Silenzio.
Paura.
E’ meglio allontanarsi immediatamente, pensano i cugini, e così fanno.
Via.
Emmett Till ha fischiato, forse per manifestare apprezzamento o forse, più probabilmente, per dimostrare ai cugini che lui non ha ‘paura’ di approcciare le donne bianche.
Una innocente prova di sfida.
14 anni.
1955.
Tornano verso casa di zio Moses e sperano che la cosa sia finita in quel momento, senza conseguenze.
Non andrà così.
Smart talk
Tre giorni dopo, nel cuore della notte, due uomini con una torcia bussano insistentemente e violentemente alla porta di casa dello zio Moses Wright.
Cercano il ragazzino che si è rivolto con insolenza ad una donna bianca.
Il ragazzino nero di Chicago che ha osato rivolgersi con uno ‘smart talk’- in modo furbetto, ammiccante, irrispettoso- alla giovane moglie di uno di loro.
Intimano lo zio Moses di non opporre resistenza o ne pagherà le conseguenze.
Trovano Emmett che dorme nello stesso letto insieme al cugino Simeon.
Lo prendono con la forza e lo caricano sul pick up.
Si allontanano.
Il corpo di Emmett viene rinvenuto tre giorni dopo nel Tallahatchie River da un pescatore di nome Floyd Hodges.
Ha una zavorra legata al collo che avrebbe dovuto evitare la sua risalita in superficie.
Quasi contemporaneamente, grazie ad alcune soffiate, vengono individuati i sospettati: Roy Bryant, marito di Carolyn, e suo fratellastro J.W. Milam, proprietario della Milam Plantation.
Il processo
Il processo ha luogo a Sumner, nella contea di Tallahatchie.
E’ presente la stampa del Nord e molti tra più importanti esponenti della stampa nera.
Rigorosamente separati anche in aula di Tribunale.
Come le leggi Jim Crow richiedono.
Quasi quattrocento persone sono stipate in quest’aula di tribunale che, agli inizi di quel Settembre, raggiunge i 30° in pieno giorno. La gente che non riesce ad entrare lo segue dai piccoli megafoni posizionati verso l’esterno.
Altri lo seguono aggrappati alle tipiche finestre a ghigliottina, le ‘sash window’.
- “Dar he”
Ha inizio il processo.
Dura appena cinque giorni e si risolve con un verdetto di non colpevolezza emesso da una giuria di soli uomini bianchi, dodici in totale.
Al processo lo zio Moses testimonia.
Coraggio.
Paura.
Si alza dal banco dei testimoni e con il braccio teso in direzione di J.W.Milam afferma “Dar he”
Lo zio Moses è analfabeta.
Testimonia con i mezzi a sua disposizione e il vocabolario che una totale assenza di istruzione a favore di una vita coatta nelle piantagioni di cotone gli hanno dato.
Il coraggio, però, è superiore a qualsiasi lacuna di forma.
“There he is” eccolo lì! Rispondendo alla richiesta del giudice di indicare, se presente in aula, colui che aveva rapito il nipote in piena notte.
Come dichiarerà negli anni a seguire Moses stesso, mentre rispondeva alla domanda sentiva il sangue ribollire nelle vene dei bianchi che assistevano al processo.
Moses è il primo uomo nero a testimoniare contro un uomo bianco nella storia del Mississippi.
Ed è rimasto in vita anche dopo averlo fatto.
Per convincerlo a testimoniare, l’accusa gli promette protezione sapendo che è in ballo la sua vita e quella della sua famiglia.
Una volta terminata l’udienza, viene accompagnato in stazione dove lui e la sua famiglia prendono un treno per Chicago, Illinois.
Non torneranno mai più in Mississippi.
- Parole irripetibili
Nei cinque giorni in cui ha durata il processo anche Carolyn Bryant viene chiamata a testimoniare.
Prima della sua deposizione, il giudice chiede che la giuria venga fatta uscire dall’aula.
Carolyn racconta che quel pomeriggio, quando il gruppo di ragazzini stava per uscire dal negozio, Emmett Till l’aveva afferrata per i fianchi portandola a sè proponendole un appuntamento per poi salutarla con un “bye baby” seguito da altre parole irripetibili.
La giuria viene informata del contenuto di questa testimonianza solo attraverso il passaparola e su questo baserà il suo giudizio.
Nove giurati su dodici diranno poi che avevano votato a favore dell’innocenza dei due imputati non perchè li ritenessero innocenti e non perchè dubitassero dell’identità del corpo, ma piuttosto per cosa era successo al Bryant’s Grocery.
- “Sorry it took so long, folks…we stopped for a soda-pop break”
Dopo appena cinque giorni, il 23 settembre 1955, la giuria siede in aula con un verdetto raggiunto in appena 67 minuti.
Con il tempo si verrà a sapere da alcuni giurati che ci avrebbero messo molto meno se non si fossero intrattenuti con qualche Coca-Cola per dare l’impressione di essersi seriamente impegnati nel raggiungere un verdetto unanime.
Il verdetto sarà di non colpevolezza.
La difesa era riuscita a convincere la giuria che il corpo ritrovato era in condizioni così pessime da renderne impossibile non solo l’identificazione, ma anche la razza di appartenenza.
A poco era valso il riconoscimento di zio Moses attraverso l’anello che il giovane Emmett portava al dito con incise le lettere ‘L.T.’, le iniziali del nome di suo padre: Louis Till.
“Let the world see what I’ve seen…The whole nation had to bear witness to this”
Il cadavere di Emmett Till, non appena ritrovato, viene portato presso una ditta di onoranze funebri che, su non ben precisati ordini superiori, si organizza con sospetta velocità per seppellire la salma nei pressi di un piccolo cimitero adiacente ad una chiesa.
E’ evidente che insieme al corpo avrebbero sepolto la storia stessa.
L’avvocato incaricato da Mamie Till-Bradley intercede in tempo con l’aiuto degli esponenti della NAACP (che dal giorno zero seguiranno il caso trasferendosi a Sumner, in una piccola centrale operativa) e riesce a fare in modo che la salma venga riportata a Chicago, dalla famiglia del ragazzo.
La prima tappa a Chicago è alle Onoranze funebri A.A. Rayner Funeral Home dove il corpo, per quanto possibile, viene ricomposto.
Mamie è chiamata a fare il riconoscimento del figlio.
L’ultima volta che lo aveva salutato era in partenza dalla stazione Englewood Station di Chicago sul treno delle 8.01 in direzione Mississippi.
Era un bel ragazzino di 14 anni, vestito bene, appropriato per un Sud minaccioso, suprematista e segregazionista. Felice di trascorrere quel che restava dell’estate insieme ai suoi cugini.
Ma il viaggio di ritorno a casa, suo figlio lo ha fatto in una bara e di quel giovane viso non è rimasto letteralmente nulla.
“Una faccia colpita, masticata, mutilata” scrivono.
La madre lo riconoscerà attraverso pochi dettagli come le orecchie e l’anello che porta al dito.
E’ un dolore che non si può comprendere.
Eppure Mamie, una giovane donna di 34 anni, decide con coraggio che di questo dolore non può essere l’unica a farsi carico.
“Il mondo deve vedere quello che ho visto.
La nazione intera deve esserne testimone“.
I responsabili di quella mattanza sono tutti coloro che si gireranno dall’altra parte.
Si chiama David Jackson il fotografo, voluto da mamma Till, che scatta una serie di foto che faranno il giro non solo della Nazione, ma del mondo intero.
La bara rimane aperta per i due giorni successivi al funerale tenutosi alla Robert’s Temple Church of God in Christ per fare in modo che chiunque possa vedere con i propri occhi la follia del suprematismo bianco.
Si calcola che in quei tre giorni, centomila persone si siano messe in coda per rendere tributo a Emmett Till.
In memoria di Emmett Till
Emmett Till viene sepolto al Burr Oak Cemetery di Chicago dove tuttora si trova la sua tomba.
Poco distante quella della mamma Mamie Till, morta nel 2003.
Oggi
Uno per raccontarne cento
Solo viaggiando nel Mississippi Delta, ‘the most southern place on earth’, ho compreso quanto la storia di Emmett Till è ancora incredibilmente viva.
Scrivo ‘incredibilmente’ perché è molto più viva di quanto ci si aspetterebbe da un caso di cronaca nera accaduto circa 70 anni fa.
Il coinvolgimento delle persone che da sempre abitano questi luoghi è così reale che la storia viene raccontata con un tempo verbale presente.
Per tutti loro è successa ‘ieri’.
Si potrebbe affermare che lo è perché la sua brutalità è difficile da superare, impossibile da dimenticare.
Certo.
Ma la triste verità è che quello è stato un episodio che, arrivando sulle prime pagine di cronaca, ha funto da sintesi per centinaia di altri crimini, di uguale gravità, di cui nessun giornale si è mai occupato e di cui sapremo sempre poco o nulla, se non che il denominatore comune è sempre lo stesso: razzismo.
La storia è così viva che si continua a discutere sulla veridicità o meno di molti dettagli legati alla morte di Till: dove veramente è stato ritrovato il corpo, dove è stato realmente ucciso, quanti erano complici.
Ancora una volta lo stupore non è certo rivolto all’interesse verso la verità, ma al fatto che la ricerca di questa verità è probabilmente uno dei pochi dibattiti che ha tenuto in vita, culturalmente ed economicamente, queste comunità.
Le leggi Jim Crow non ci sono più.
Apparentemente non ci sono più schiavi nelle piantagioni.
Il linciaggio non è più una pratica condonata.
Nonostante questo, è mancato il passaggio successivo.
E’ come se tutti fossero in attesa di un’evoluzione economica, sociale, culturale.
Mai arrivata.
La povertà che ho visto in Mississippi, non solo nel Delta, è estrema se si pensa che stiamo parlando degli Stati Uniti.
Non mi stupisce affatto che ancora oggi siano, tra altri, anche i dibattiti sui misteri della morte di Emmett a mantenere letteralmente in vita la comunità.
Nei post successivi ho cercato di sintetizzare quelli che ho ritenuto più interessanti, anche in relazione ai diversi enti governativi dello stato del Mississippi che si sono occupati del caso.
Per una ricerca approfondita su questa complessa storia, mi sono affidata principalmente al sito della ETMC Emmett Till Memory Project.
Scrivendo a Dave Tell, curatore del progetto, ho avuto il suo permesso di utilizzare le foto e alcuni documenti presenti sul loro sito.
Dave Tell è inoltre l’autore del libro “Remembering Emmett Till” che insieme al libro di Johmmy B.Thomas e Thomas J. Durant Jr. “A stone of Hope” mi hanno aiutato a completare la stesura di questa storia.
Buona lettura!