WEST MEMPHIS THREE

Parte 7 – Il primo processo: Jessie Misskelley Jr.

Nell’inverno del 1994 inizia il processo a Jessie Misskelley Jr.

In questa occasione iniziano ad emergere, tra false testimonianze, prove circostanziale e confessioni coercitive, dettagli che portano alla luce lo stile di vita delle giovani vittime, ma soprattutto delle loro famiglie.



Fa particolarmente freddo in Arkansas nell’inverno del 1994 quando inizia il processo a Jessie Misskelley Jr. nella Clay County Courthouse.

Jessie, avendo confessato, viene processato in una contea diversa e separatamente dai suoi coimputati.

Il giudice è David Burnett mentre la pubblica accusa è formata da John Fogleman e Brent Davis. Misskelley è rappresentato da due difensori d’ufficio nominati dal tribunale, Dan Stidham e Greg Crow. Nessuno dei due ha mai guidato la difesa, tantomeno in un caso che implica la pena capitale.

Il budget complessivo destinato ai tre adolescenti per le indagini e le testimonianze degli esperti ammonta ad appena a settemilacinquecento dollari. Stidham paga i pochi esperti che riesce a portare in tribunale adoperando la carta di credito personale.

La Clay County Courthouse dove è stato processato Jessie Misskelley. Fonte: http://www.courthouses.co/us-states/states-a-g/arkansas/clay-county/ Foto di: John Deacon
L’aula di tribunale della Clay County Courthouse dove è stato processato Jessie Misskelley. Fonte: http://www.courthouses.co/us-states/states-a-g/arkansas/clay-county/ Foto di: John Deacon

Tra le varie testimonianze e confessioni, tutte a sfavore di Jessie, iniziano tuttavia ad emergere dettagli riguardanti la vita delle vittime e dei loro famigliari. Durante il processo, per esempio, esce fuori che Christopher Byers era un bambino che soffriva di ADHD, Attention Deficit Hyperactuvity Disorder (disturbo da deficit di attenzione e iperattività) e veniva curato con il Ritalin; spesso, a causa di questi suoi problemi comportamentali, veniva picchiato dal patrigno, John Mark Byers, proprio come era accaduto qualche ora prima della sua scomparsa, il 5 maggio 1993.

Dan Stidham in un confronto con il giudice Burnett. Dei sei avvocati del primo processo solo Dan Stidham continuò ad occuparsene nei decenni a seguire.

Tra i testimoni raccolti, interroga anche il Detective Ridge che ammette che i campioni di tracce biologiche raccolte al Ristorante Bojangles, sono andati persi.
Fonte: https://www.danstidham.com/
Il Ritalin è un farmaco a base di metilfenidato usato per curare il ‘Disturbo da deficit di attenzione e iperattività’ (ADHD). Negli Stati Uniti il Ritalin è al ventinovesimo posto nella classifica dei farmaci più venduti. Il Ritalin oggi, insieme all’Adderall, viene usato regolarmente anche da giovani che non soffrono di ADHA nella convinzione di aumentare le proprie performance scolastiche andando incontro però a gravi effetti collaterali come problemi cardiovascolari, fenomeni psicotici e forme di dipendenza. Fonte:https://www.medicalnewstoday.com/articles/325333

Stidham si trova di fronte all’ardua impresa di convincere una giuria che la confessione del suo assistito era falsa. Si tratta di un compito difficile non perché mancano le prove della falsità della confessione; è difficile perché la maggior parte delle persone non concepisce l’idea di confessare un crimine che non si è commesso.

Nonostante l’avvocato difensore di Jessie incalzi il giudice più e più volte affermando che il suo cliente, la sera degli omicidi, era ad un incontro di boxe, il giudice è determinato nel non voler dare peso a questa informazione.

L’unica chance che ha Dan Stidham per tentare di risollevare le sorti del suo cliente è quella di portare al banco un esperto in confessioni coercitive, il Dr. Richard Ofshe, sociologo alla UC Berkeley, che dichiara che i soggetti con scarsa autostima, come Jessie, sono più facilmente manipolabili e rispondono meglio a tattiche coercitive.

Per quanto ci possa sembrare contrario all’intuito, ancora oggi le false confessioni sono eventi tutt’altro che rari. Stando ai dati dell’Innocence Project, su un campione temporale, oltre metà delle ottanta persone condannate per omicidio e in seguito scagionate grazie agli esami del Dna, hanno fornito confessioni false.

Fonti: